Un progetto per recuperare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica
Si sta svolgendo una discussione fra persone preoccupate per il bene comune del Paese circa la deriva politica e l’ormai cronica crisi della democrazia rappresentativa (presente non solo a San Marino ma ormai in tutti i Paesi aventi il nostro modello rappresentativo istituzionale). Proviamo a delineare una breve analisi della situazione nonché alcune soluzioni sperimentate, vicino e lontano da noi, per tentare di dare risposta; a questa preoccupante situazione.
Su questo tema, negli anni scorsi un gruppo di cittadini sammarinesi (“laboratorio arengo”) ha lavorato elaborando documenti, raccogliendo materiale, cercando contatti con associazioni e gruppi, per portare l’attenzione sul processo di distanziamento dei cittadini dalle istituzioni e dalla politica e avviare processi di democrazia partecipata; tuttavia, non avendo riscosso la necessaria adesione per poter incidere sulle istituzioni e sulla cittadinanza, ha sospeso temporaneamente le sue attività. (il materiale, i documenti e le ricerche ancora sono ancora rintracciabili nel sito https://www.arengolab.com/ dove è possibile visionare anche una bozza di progetto di legge in materia).
In pochi anni nei paesi a democrazia delegata la situazione viene descritta come aggravata. Valutazione a cui non sfugge San Marino. Ci sembra doveroso rilanciare, in occasione della prossima campagna elettorale, l’allarme e l’attenzione ai politici e ai cittadini in grado di rendersi conto di quali rischi sta correndo la nostra vita democratica.
Di seguito una breve analisi delle cause che ad avviso dei ricercatori sono alla base dell’attuale situazione e indicazioni di possibili iniziative:
1) Crisi della politica e della democrazia rappresentativa
Gli analisti della situazione rilevano, in sintesi, la presenza di questi eventi:
– il tramonto dell’attrazione e forza coesiva delle ideologie storiche e tradizioni e anche religiose a cui i cittadini facevano riferimento. L’aggregazione avviene ora attorno ad un obiettivo determinato e non persegue obiettivi e ideali lontani e percepiti come irraggiungibili;
– lo scossone del ’68 e l’emersione dell’individualismo, la caduta dell’appartenenza e di senso comunitario includendo tra le responsabilità slogan quali ‘il privato è politico”; l’aumento della scolarizzazione che ha portato alla giusta pretesa di auto giudizio ma senza la necessaria disponibilità alla mediazione e al confronto; tante pretese individuali o di gruppo anch’esse senza disponibilità al confronto e alla discussione (la democrazia partecipata ha bisogno di una grande disponibilità al confronto. Proviamo di seguito di segnalare ipotesi suggerite da realtà che l’hanno sperimentata);
– diffidenza, sfiducia e malcontento nei confronti della politica con l’emersione della corruzione che ha, in Italia, l’esplosione in Tangentopoli, mentre a San Marino ha inciso il voto di scambio, lo straripante potere dell’esecutivo e la sua sovrapposizione su quello legislativo, senza contrappesi, spesso esercitato in violazione degli stessi impegni codificati nell’ordinamento legislativo;
– l’interesse per la politica crollato, tanto che, nel 1990, la stragrande maggioranza dei cittadini (82% – una ricerca in Italia), percepiva la politica come qualcosa di lontano ed estraneo, come un’attività condotta da persone che non si curano di quello che pensa un semplice cittadino. L’autoreferenzialità ha chiuso i partiti in gerarchie per cui chi si avvicinava alla politica in atteggiamento critico e dialettico rischia di venire emarginato e indotto ad allontanarsi;
– emersione, di conseguenza, di politici con l’idea che avere la maggioranza vuol dire essere autorizzati a “comandare”, non a “governare” in un continuo confronto con tutte le istanze in cui si organizza la società civile: gruppi politici, sindacati, imprese, articolazioni territoriali, Associazioni, ecc.
2) Voglia di partecipazione
La gente, ma anche i gruppi e le associazioni, vogliono giustamente partecipare alle decisioni che riguardano la loro vita anche se sono di competenza finale delle istituzioni (legislativo, esecutivo, singole autorità). Questa pretesa di partecipare, nei limiti delle competenze e delle responsabilità previste dalla legge, discende anche da una norma europea, la Carta Europea sulla Condivisione delle Responsabilità Sociali approvata nella seduta del 22/01/14 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Il documento, http://www.spazioallaresponsabilita.it/wp-content/uploads/2015/01/Carta-Europea-Responsabilita-Sociale-Condivisa.pdf oltre ad impegnare gli stati su punti fondamentali e lungimiranti come “la giustizia sociale”, “la giustizia ambientale” e la “giustizia intergenerazionale”, dispone che “Nessuno può essere escluso dalle decisioni che hanno o possono avere conseguenze significative e irreversibili per la sua esistenza e per la comunità locale o per la politica globale in cui vive”.
– Fino agli anni ’70 molte istanze dei cittadini passavano attraverso i partiti di riferimento ma i partiti hanno anch’essi attraversato una crisi e si sono isolati in un’autoreferenzialità senza apporto degli iscritti diventando, in genere, comitati elettorali e i cittadini hanno dato vita ad un florido associazionismo in tutti i campi, particolarmente nel volontariato socio sanitario, associazioni e gruppi che sono diventati gli interlocutori principali (poco ascoltati) delle istituzioni. Peraltro, un aspetto da analizzare è la stessa partecipazione dei giovani alla vita del volontariato e delle loro associazioni: c’è una partecipazione notevole e spontanea a episodi di volontariato, ma calano le adesioni alle relative e numerose associazioni, quasi che anch’esse vengano percepite come strutture burocratiche;
– bisogna anche avere consapevolezza che la partecipazione alle scelte sociali e politiche comporta l’adeguatezza dell’informazione e la consapevolezza della responsabilità verso l’interesse del bene comune, altrimenti prevale l’egoismo e la visione miope dei propri interessi;
– la crisi della democrazia delegata ha portato anche ad atteggiamenti qualunquistici e alla diseducazione democratica che potrebbe creare problemi anche nell’auspicato esercizio della democrazia partecipata.
3) Autoreferenzialità, frazionamento della classe politica, gerarchizzazione
– la gerarchizzazione dei partiti storici con scissioni e frammentazioni per una corsa al protagonismo, ha provocato distacco dalla gente che ritiene di avere poca influenza sull’operato dei politici;
– il rapporto con la società civile e con gli elettori è passato sempre più attraverso i media e il marketing politico. Il fenomeno è chiaramente riassunto nella ricerca di un importante politologo italiano in “La crisi della democrazia rappresentativa e il declino delle Istituzioni rappresentative democratiche, fondate sulla delega”. Sostiene anche che le tecnologie digitali e lo sviluppo della rete, aperta a tutti, ha dato vita alla “democrazia del pubblico”. Le persone si aggregano in gruppi identitari, che si dividono e scontrano sulla rete ostacolando la sintesi nelle Istituzioni. I leaders cercano il consenso omologandosi alla rete, i Partiti si trasformano in comitati elettorali del leader. La democrazia digitale può rinnovare i Partiti e le Istituzioni rappresentative, ma non li può sostituirle. La dimensione planetaria della rete è il principale ostacolo allo sviluppo di strumenti di democrazia digitale, per la difficoltà di assicurare a tutti il libero accesso e i diritti, garantiti dagli ordinamenti.
4) Nuovi rischi dal messaggio telematico
Quindi, una particolare attenzione deve essere posta in questo momento al messaggio politico che passa ormai prioritariamente al canale telematico. Il ricorso al canale telematico pone, infatti, numerose e complesse questioni che, se non risolte all’interno e nel contesto di una rinnovata democrazia rappresentativa, potrebbero pregiudicare il conseguimento dei vantaggi partecipativi.
Infatti, l’uso assiduo ed esteso di Internet a fini di propaganda politica da parte di singoli movimenti organizzati indebolisce le identità collettive e, di conseguenza, moltiplica la personalizzazione anziché scoraggiarla, dando eccessiva visibilità a figure dotate di particolari capacità di attrazione e comunicazione personale.
Sul piano sociale, la Rete non sempre favorisce la discussione pubblica e la mediazione che dovrebbero svolgersi nella società civile o nelle assemblee istituzionali.
Inoltre la democrazia elettronica, intesa quale strumento di democrazia diretta, per sua natura non la favorisce, anzi tende ad ostacolare, quei processi deliberativi ponderati e quella efficace interazione tra le parti politiche che sono l’essenza e, insieme, la ragione di ogni moderna democrazia parlamentare;
5) Sperimentare ipotesi di democrazia partecipata o anche deliberativa. Nuove possibili vie di partecipazione
Le forme di democrazia partecipativa o deliberativa hanno tutte il fine ultimo di mediare tra cittadini e istituzioni e mettere, sotto gli occhi di queste ultime, i bisogni e le richieste dei primi che servono come guida per giungere alla decisione finale. Non si vuole, con le forme di partecipazione spogliare le istituzioni del loro ruolo, ma fornire uno strumento supplementare per governare meglio.
Nascono così in tutto il mondo leggi che mirano a sperimentare e regolare gli strumenti della partecipazione. Strumenti, metodi e regole che aiutino il processo di partecipazione nella vita pubblica e hanno come obbiettivo quello di fornire ai cittadini organi riconosciuti e accreditati attraverso i quali far sentire la loro voce.
La partecipazione, infatti, non può essere un semplice: “vogliamo fare l’ospedale nuovo, dite sì o no”, ma attivare processi di discussione confronto; protocolli per i processi decisionali, concordati con la rappresentanza organizzata, con priorità ai settori più critici e sensibili. Le modalità da concordare, di massima attraverso vere e proprie consulte di settore: sociosanitario, economico sindacale, sociale e culturale, problemi sporadici e territoriali. Il tutto già previsto dalla richiamata Carta del Consiglio d’Europa di cui sopra. Con l’adozione anche formale di questa carta, quasi a integrazione della nostra carta dei diritti, forse la grave e pericolosa crisi della democrazia e allontanamento dalla politica dei cittadini può arrestarsi e può aprirsi una nuova stagione di recupero della fiducia dei cittadini verso le istituzioni. La sfida è: sulla base di questa CARTA , il nuovo Consiglio GG e un Governo che abbia il coraggio di cambiare il modo di governare, saranno capaci di aprire un confronto serio e vasto per avviare questa nuova fase di recupero di una DEMOCRAZIA PARTECIPATA nel nostro Paese?
(queste sono solo semplici note introduttive. Per approfondimenti rinviamo a https://www.arengolab.com/ oltre che www.regione.toscana.it/partecipazione e a diversi siti in La democrazia partecipativa
progetto per recuperare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica
Si sta svolgendo una discussione fra persone preoccupate per il bene comune del Paese circa la deriva politica e l’ormai cronica crisi della democrazia rappresentativa (presente non solo a San Marino ma ormai in tutti i Paesi aventi il nostro modello rappresentativo istituzionale). Proviamo a delineare una breve analisi della situazione nonché alcune soluzioni sperimentate, vicino e lontano da noi, per tentare di dare risposta; a questa preoccupante situazione.
Su questo tema, negli anni scorsi un gruppo di cittadini sammarinesi (“laboratorio arengo”) ha lavorato elaborando documenti, raccogliendo materiale, cercando contatti con associazioni e gruppi, per portare l’attenzione sul processo di distanziamento dei cittadini dalle istituzioni e dalla politica e avviare processi di democrazia partecipata; tuttavia, non avendo riscosso la necessaria adesione per poter incidere sulle istituzioni e sulla cittadinanza, ha sospeso temporaneamente le sue attività. (il materiale, i documenti e le ricerche ancora sono ancora rintracciabili nel sito https://www.arengolab.com/ dove è possibile visionare anche una bozza di progetto di legge in materia).
In pochi anni nei paesi a democrazia delegata la situazione viene descritta come aggravata. Valutazione a cui non sfugge San Marino. Ci sembra doveroso rilanciare, in occasione della prossima campagna elettorale, l’allarme e l’attenzione ai politici e ai cittadini in grado di rendersi conto di quali rischi sta correndo la nostra vita democratica.
Di seguito una breve analisi delle cause che ad avviso dei ricercatori sono alla base dell’attuale situazione e indicazioni di possibili iniziative:
1) Crisi della politica e della democrazia rappresentativa
Gli analisti della situazione rilevano, in sintesi, la presenza di questi eventi:
– il tramonto dell’attrazione e forza coesiva delle ideologie storiche e tradizioni e anche religiose a cui i cittadini facevano riferimento. L’aggregazione avviene ora attorno ad un obiettivo determinato e non persegue obiettivi e ideali lontani e percepiti come irraggiungibili;
– lo scossone del ’68 e l’emersione dell’individualismo, la caduta dell’appartenenza e di senso comunitario includendo tra le responsabilità slogan quali ‘il privato è politico”; l’aumento della scolarizzazione che ha portato alla giusta pretesa di auto giudizio ma senza la necessaria disponibilità alla mediazione e al confronto; tante pretese individuali o di gruppo anch’esse senza disponibilità al confronto e alla discussione (la democrazia partecipata ha bisogno di una grande disponibilità al confronto. Proviamo di seguito di segnalare ipotesi suggerite da realtà che l’hanno sperimentata);
– diffidenza, sfiducia e malcontento nei confronti della politica con l’emersione della corruzione che ha, in Italia, l’esplosione in Tangentopoli, mentre a San Marino ha inciso il voto di scambio, lo straripante potere dell’esecutivo e la sua sovrapposizione su quello legislativo, senza contrappesi, spesso esercitato in violazione degli stessi impegni codificati nell’ordinamento legislativo;
– l’interesse per la politica crollato, tanto che, nel 1990, la stragrande maggioranza dei cittadini (82% – una ricerca in Italia), percepiva la politica come qualcosa di lontano ed estraneo, come un’attività condotta da persone che non si curano di quello che pensa un semplice cittadino. L’autoreferenzialità ha chiuso i partiti in gerarchie per cui chi si avvicinava alla politica in atteggiamento critico e dialettico rischia di venire emarginato e indotto ad allontanarsi;
– emersione, di conseguenza, di politici con l’idea che avere la maggioranza vuol dire essere autorizzati a “comandare”, non a “governare” in un continuo confronto con tutte le istanze in cui si organizza la società civile: gruppi politici, sindacati, imprese, articolazioni territoriali, Associazioni, ecc.
2) Voglia di partecipazione
La gente, ma anche i gruppi e le associazioni, vogliono giustamente partecipare alle decisioni che riguardano la loro vita anche se sono di competenza finale delle istituzioni (legislativo, esecutivo, singole autorità). Questa pretesa di partecipare, nei limiti delle competenze e delle responsabilità previste dalla legge, discende anche da una norma europea, la Carta Europea sulla Condivisione delle Responsabilità Sociali approvata nella seduta del 22/01/14 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Il documento, http://www.spazioallaresponsabilita.it/wp-content/uploads/2015/01/Carta-Europea-Responsabilita-Sociale-Condivisa.pdf oltre ad impegnare gli stati su punti fondamentali e lungimiranti come “la giustizia sociale”, “la giustizia ambientale” e la “giustizia intergenerazionale”, dispone che “Nessuno può essere escluso dalle decisioni che hanno o possono avere conseguenze significative e irreversibili per la sua esistenza e per la comunità locale o per la politica globale in cui vive”.
– Fino agli anni ’70 molte istanze dei cittadini passavano attraverso i partiti di riferimento ma i partiti hanno anch’essi attraversato una crisi e si sono isolati in un’autoreferenzialità senza apporto degli iscritti diventando, in genere, comitati elettorali e i cittadini hanno dato vita ad un florido associazionismo in tutti i campi, particolarmente nel volontariato socio sanitario, associazioni e gruppi che sono diventati gli interlocutori principali (poco ascoltati) delle istituzioni. Peraltro, un aspetto da analizzare è la stessa partecipazione dei giovani alla vita del volontariato e delle loro associazioni: c’è una partecipazione notevole e spontanea a episodi di volontariato, ma calano le adesioni alle relative e numerose associazioni, quasi che anch’esse vengano percepite come strutture burocratiche;
– bisogna anche avere consapevolezza che la partecipazione alle scelte sociali e politiche comporta l’adeguatezza dell’informazione e la consapevolezza della responsabilità verso l’interesse del bene comune, altrimenti prevale l’egoismo e la visione miope dei propri interessi;
– la crisi della democrazia delegata ha portato anche ad atteggiamenti qualunquistici e alla diseducazione democratica che potrebbe creare problemi anche nell’auspicato esercizio della democrazia partecipata.
3) Autoreferenzialità, frazionamento della classe politica, gerarchizzazione
– la gerarchizzazione dei partiti storici con scissioni e frammentazioni per una corsa al protagonismo, ha provocato distacco dalla gente che ritiene di avere poca influenza sull’operato dei politici;
– il rapporto con la società civile e con gli elettori è passato sempre più attraverso i media e il marketing politico. Il fenomeno è chiaramente riassunto nella ricerca di un importante politologo italiano in “La crisi della democrazia rappresentativa e il declino delle Istituzioni rappresentative democratiche, fondate sulla delega”. Sostiene anche che le tecnologie digitali e lo sviluppo della rete, aperta a tutti, ha dato vita alla “democrazia del pubblico”. Le persone si aggregano in gruppi identitari, che si dividono e scontrano sulla rete ostacolando la sintesi nelle Istituzioni. I leaders cercano il consenso omologandosi alla rete, i Partiti si trasformano in comitati elettorali del leader. La democrazia digitale può rinnovare i Partiti e le Istituzioni rappresentative, ma non li può sostituirle. La dimensione planetaria della rete è il principale ostacolo allo sviluppo di strumenti di democrazia digitale, per la difficoltà di assicurare a tutti il libero accesso e i diritti, garantiti dagli ordinamenti.
4) Nuovi rischi dal messaggio telematico
Quindi, una particolare attenzione deve essere posta in questo momento al messaggio politico che passa ormai prioritariamente al canale telematico. Il ricorso al canale telematico pone, infatti, numerose e complesse questioni che, se non risolte all’interno e nel contesto di una rinnovata democrazia rappresentativa, potrebbero pregiudicare il conseguimento dei vantaggi partecipativi.
Infatti, l’uso assiduo ed esteso di Internet a fini di propaganda politica da parte di singoli movimenti organizzati indebolisce le identità collettive e, di conseguenza, moltiplica la personalizzazione anziché scoraggiarla, dando eccessiva visibilità a figure dotate di particolari capacità di attrazione e comunicazione personale.
Sul piano sociale, la Rete non sempre favorisce la discussione pubblica e la mediazione che dovrebbero svolgersi nella società civile o nelle assemblee istituzionali.
Inoltre la democrazia elettronica, intesa quale strumento di democrazia diretta, per sua natura non la favorisce, anzi tende ad ostacolare, quei processi deliberativi ponderati e quella efficace interazione tra le parti politiche che sono l’essenza e, insieme, la ragione di ogni moderna democrazia parlamentare;
5) Sperimentare ipotesi di democrazia partecipata o anche deliberativa. Nuove possibili vie di partecipazione
Le forme di democrazia partecipativa o deliberativa hanno tutte il fine ultimo di mediare tra cittadini e istituzioni e mettere, sotto gli occhi di queste ultime, i bisogni e le richieste dei primi che servono come guida per giungere alla decisione finale. Non si vuole, con le forme di partecipazione spogliare le istituzioni del loro ruolo, ma fornire uno strumento supplementare per governare meglio.
Nascono così in tutto il mondo leggi che mirano a sperimentare e regolare gli strumenti della partecipazione. Strumenti, metodi e regole che aiutino il processo di partecipazione nella vita pubblica e hanno come obbiettivo quello di fornire ai cittadini organi riconosciuti e accreditati attraverso i quali far sentire la loro voce.
La partecipazione, infatti, non può essere un semplice: “vogliamo fare l’ospedale nuovo, dite sì o no”, ma attivare processi di discussione confronto; protocolli per i processi decisionali, concordati con la rappresentanza organizzata, con priorità ai settori più critici e sensibili. Le modalità da concordare, di massima attraverso vere e proprie consulte di settore: sociosanitario, economico sindacale, sociale e culturale, problemi sporadici e territoriali. Il tutto già previsto dalla richiamata Carta del Consiglio d’Europa di cui sopra. Con l’adozione anche formale di questa carta, quasi a integrazione della nostra carta dei diritti, forse la grave e pericolosa crisi della democrazia e allontanamento dalla politica dei cittadini può arrestarsi e può aprirsi una nuova stagione di recupero della fiducia dei cittadini verso le istituzioni. La sfida è: sulla base di questa CARTA , il nuovo Consiglio GG e un Governo che abbia il coraggio di cambiare il modo di governare, saranno capaci di aprire un confronto serio e vasto per avviare questa nuova fase di recupero di una DEMOCRAZIA PARTECIPATA nel nostro Paese?
(queste sono solo semplici note introduttive. Per approfondimenti rinviamo a https://www.arengolab.com/ oltre che www.regione.toscana.it/partecipazione e a diversi siti in La democrazia partecipativa